lunedì 26 marzo 2007

L'arte della guerra

L’Arte della guerra" di Sun Tzu è il maggiore classico di teoria militare dell’antica Cina, ed anche l’opera cinese più diffusa nel mondo. Il pensiero strategico e la filosofia in esso contenuti sono tuttoggi ampiamente utilizzati in ambito militare, politico ed economico.

L'opera risale risale a 2500 anni fa, costituendo l’opera militare più antica del mondo, la quale precede di 2300 anni l’opera di Clausewitz “Sulla guerra”. Alcuni estratti:

"Se la vostra forza è dieci volte quella dei vostri nemici, circondateli; se è cinque volte, attaccateli; se i vostri uomini sono il doppio, divideteli.

Se avete forze uguali a quelle del nemico, potete impegnarlo in
combattimento.

Se siete inferiori cercate di aggirarlo.

Se le sue forze sono soverchianti dovreste evitare lo scontro.

Se un esercito poco numeroso agirà in maniera inflessibile sarà condannato a diventare prigioniero dei suoi avversari. "


In ogni caso, Sun Tzu ci ricorda che:

"Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento,
ma sconfiggere il nemico senza combattere"


Alessandro Palmisano

domenica 25 marzo 2007

Tasso fisso e variabile

Periodicamente si accende la discussione tra i sostenitori del tasso fisso e quelli del tasso variabile, quando si tratta di fare una scelta circa la modalità corretta di finanziarsi.

I fautori del tasso variabile, puntano molto sull'importo delle rate che, ovviamente, hanno un valore teorico più basso di quelle proposte dal tasso fisso.
I fautori del tasso fisso segnalano la "sicurezza" che questo tipo di scelta offre consentendo di pianificare meglio le proprie spese senza inattese sorprese a causa dell'innalzamento dei tassi.

In queste settimane stiamo assistendo a decine di articoli sull'aumento delle rate dei mutui, come se questo fosse un evento imprevedibile.
Purtroppo, guardando la curva dei tassi di interesse a medio termine, si sapeva che, nel corso del 2005-2006 il costo del denaro sarebbe salito e, con esso, tutto ciò che vi era legato, mutui inclusi.

Certo molti si attendevano aumenti più "limitati" un percorso di risalita più "dolce" anziché quello repentino scelto dalla BCE, tuttavia il dato era atteso.
Chi ha beneficiato di prime rate più "leggere" grazie a tassi di interesse più vantaggiosi, oggi si trova a pagare di più e, se non aveva ben considerato questa eventualità, può trovarsi in difficoltà.

Cosa fare?

In una fase di rialzo dei tassi di interesse, come quella attuale, è difficile dare dei consigli. Perché, ad esempio, un mutuo a tasso fisso, sottoscritto oggi avrebbe un tasso ancora più alto di quello che già oggi viene pagato con un indebitamento variabile.

Meglio lasciare tutto come si trova?

Ci sono molte possibilità e dipendono, tra le altre cose, anche dalla vostra disponibilità al risparmio e dalla durata residua del mutuo.


Antonio Capaldo

venerdì 16 marzo 2007

Cisco Expo 2007

Giovedi 8 marzo, presso il Quark Hotel di Milano, si è tenuta la seconda edizione del Cisco Expo, manifestazione che oltre a fungere da vetrina per la società di telecomunicazioni, ha consentito un confronto mediante due tavole rotonde e una serie di workshop a seguire.


Innovare per competere nel mercato globale

La prima tavolta rotonda è intitolata "Innovare per competere nel mercato globale" ed è moderata dal direttore del TG1 Gianni Riotta. Dopo il saluto di rito per l'inizio dei lavori da parte del sindaco Moratti, Riotta introduce il discorso globalizzazione facendo notare che il 90% del mercato della telefonia è generato da telefonate locali, all'interno di uno stesso Paese e che, nonostante sia almeno un decennio che si parla di globalizzazione, essa è un fenomeno ancora in test. Ricorda poi come Bill Gates abbia dichiarato che è bene consentire alla manodopera specializzata di circolare facilmente e liberamente a livello, così come avviene per i capitali e cita il recente caso dell'assunzione di informatici indiani in Germania.

Il patron del TG1 sottolinea, inoltre, come l'innovazione sia in funzione della cultura: sono due aspetti imprenscindibili. A volte, quando gli occidentali hanno dovuto negoziare affari con i cinesi non hanno avuto vita facile: 5000 anni di scuola confuciana sono superiori a 50 anni di business school statunitense.


La parola passa poi al primo ospite, Arturo Artom, presidente di NetSystem. Artom sta investendo nella Silicon Valley in un progetto legato al web 2.0 che si ispira ad YouTube. E richiama l'aspetto culturale: in una recente convention tenuta a San Francisco, capeggiava un ritratto rinascimentale di Leon Battista Alberti e - ciò che lo ha colpito - lo slogan in italiano "L'uomo può ciò che vuole". L'Italia, checché se ne dica, gode ancora di una buona reputazione in termini di tradizione culturale; Artom invita a sfruttare al meglio ciò che l'Italia offre: design, fashion e moda devono essere utilizzati come cavallo di Troia per competere nel mercato globale. Infine sottolinea la differenza tra l'ammontare di denaro destinato al venture capital in Italia e negli USA: negli Stati Uniti la cifra è 3000 volte superiore rispetto a quella del Bel Paese.

È poi la volta di Guido Barilla, che ha preso le redini di Barilla Holding nel 2003. Il presidente della storica azienda italiana afferma come oggi vi è sia la necessità che la possibilità di confrontarsi con le persone, che hanno sostituito i consumatori. Per interi decenni l'industria non ha capito i reali bisogni della gente ed imponeva un certo tipo di consumo; oggi i clienti finali hanno molto più potere in mano e le aziende devono progettarsi e riprogettarsi in loro funzione; ciò reso possibile anche grazie, in maniera particolare, alla Rete.

Segue l'intervento di Nani Beccalli-Falco, presidente e CEO di GE International dal 2005. Egli sottolinea come l'Italia faccia parte di un contesto europeo all'interno del quale la concorrenza nazionale è legata in modo imprendiscindibile a cià che avviene nel continente. La ricetta per competere, in Europa e nel mondo, è quella della "doppia T": Tecnologia e Talento; il tutto, coniugato con la capacità manageriale. Le nazioni più temibili da punto di vista concorrenziale sono l'India e la Cina, dove vi sono etiche di lavoro impensabili in Occidente che rendono il costo del lavoro particolarmente contenuto; tuttavia, ciò che manca a queste nazioni, sono le capacità manageriali per gestire le aziende.

Per Massimo Castelli di Telecom Italia (divisione fixed wireline), la spinta all'innovazione è una pratica utilizzata dai "manager illuminati". Colui che si deve occupare dell'innovazione non è tanto il direttore Rircerca & Sviluppo, quanto piuttosto il direttore finanziario. È al CFO che spetta infatti l'onere di dover calcolare il rischio che gli investimenti in ricerca implicano. Ma invita anche a guardare l'innovazione non come costo, ma come una riduzione di costi; come un'opzione che, nel lungo periodo, riduce il rischio.

Alessandro Mondini, AD di Nokia Italia, introduce il suo intervento partendo dai risultati di un recente uno studio sul comportamento umano: il motore dell'innovazione della Rete sono, in modo particolare, i giovani e le donne. Sull'evoluzione del web 2.0, influiscono molto più i comportamenti delle teen ager che quelli dei dirigenti. Secondo Mondini, alla gran parte delle aziende manca un certo modo di pensare: la cultura dell'errore. Al contrario, in Nokia è penalizzante non commettere errori durante il percorso di carriera aziendale. All'interno della società vengono premiati quei dipendenti che hanno avuto a che fare con un range di esperienze il più variegato possibile.

È poi la volta di Andrea Pontremoli, presidente di IBM Italia. Che inizia la sua testimonianza raccontando l'aneddoto di quando, l'allora proprietario di IBM scommise il futuro dell'azienda sull'innovazione del transitor decidendo, in modo all'epoca avventato, di abbandonare la tecnologia valvolare. Tornando al presente, ricorda come 2 anni la società è uscita dal business dei personal computer cedendo l'omonima divisione a Lenovo; nelle scorse settimane si è deciso anche di uscire dal mercato delle stampanti. Il core business attuale è quello della consulenza, ma i laboratori di Big Blue lavorano a un progetto ambizioso, che ha a che fare con la semantica, disciplina nella quale gli italiani sono tra i massimi esperti a livello mondiale. Il futuro dell'informatica si giocherà infatti proprio sulla semantica: ad oggi, infatti, il 40% delle ricerche effettuate su Google non porta ai risultati attesi.


Alessandro Palmisano

Attualizzazione; un termine difficile ed importante

Raramente si sente utilizzare questo termine: ATTUALIZZAZIONE, tuttavia ogni volta che valutiamo un investimento, dovremmo utilizzare questo processo per poterlo paragonare alle alternative ed anche per poterlo valutare "asetticamente".

Cosa si intende per attualizzazione?

Si intende riportare ad una certa data tutti le entrate e le uscite di un dato investimento, così da eliminare il diverso valore che, nel tempo assume il denaro.
Ricordate il principio, un EURO oggi vale più di un EURO DOMANI?
Bene l'attualizzazione risolve questo problema, rendendo tutti i valori ATTUALI, cioè alla data odierna (o eventualmente, ad un'altra data a nostro piacere).

Un esempio contribuisce a chiarire l'importanza dell'attualizzazione.
Prendiamo due investimenti.
In un caso investo 1000 € e ne ricevo 1100 dopo un anno
In un secondo caso investo 1000 € e ne ricevo 1100 dopo 2 anni.

Ipotizziamo che il tasso di inflazione sia il3% e chiamiamo questo tasso il tasso di attualizzazione.
In formula sarà:
VA= C /(1+i)^n

Dove VA = Valore attuale, cioè valore ad oggi di un dato capitale futuro
C = Somma futura nel nostro esempio 1100
i = tasso di attualizzazione, nel nostro esempio il 3%.
n= numero di anni da attualizzare (nel primo esempio 1 nel secondo 2)

Applicando questa formula abbiamo, nel primo caso:
VA = 1100 / (1,03)
Nel secondo
VA = 1100 /(1,03)^2 (^2 sta per 1,03 alla seconda o al quadrato)

Il risultato di queste due operazioni è:
1067 nel primo caso
1037 nel secondo caso.

Grazie all'attualizzazione abbiamo visto che la prima operazione è più conveniente della seconda, ma entrambe danno un risultato positivo ovvero il valore attuale di entrambi gli investimenti è positivo.

Chiaramente questo esempio è volutamente semplice. Nella realtà, a complicare i calcoli, intervengono vari fattori:
1) I tassi di attualizzazione spesso non sono facilmente conoscibili. Un errore nella scelta del tasso di attualizzazione può comportare un errore di valutazione di un progetto.
2) L'andamento dei tassi non è, generalmente, costante nel tempo, occorre quindi utilizzare vari tassi per periodi diversi. Questo complicherà un po' la formula, ma ci torneremo più avanti.
3) Il Valore attuale, ottenuto da questo processo, è comunque frutto di una stima e non va mai considerato LA VERITA' ASSOLUTA.

Per oggi basta così, altrimenti ci scoraggiamo.


Antonio Capaldo

giovedì 15 marzo 2007

Wall Street (Oliver Stone) - altre citazioni

"Allora dimmi Gordon, per te quand'è che finirà? Quanti yatch potrai tirarti dietro?"

- "Non è questione di bastare ragazzo. Il denaro c'è ma non si vede. Qualcuno vince, qualcuno perde. Il denaro di per sè non si fa né si perde. Semplicemente si trasferisce da un'intuizione ad un'altra, magicamente. Quel quadro li', lo comprai dieci anni fa per 60 mila dollari. Oggi potrei rivenderlo a 600 mila. L'illusione è diventata realtà. E più reale lei diventa, più accanitamente la desiderano".

- "Quand'è che basta, Gordon?"

-"Il più ricco 1% del paese possiede metà della ricchezza del Paese: 5 trilioni di dollari. Un terzo di questi viene dal duro lavoro, due terzi vengono dai beni ereditati e da interessi sugli interessi accumulati da vedove e figli idioti... e dal mio lavoro: la speculazione mobiliare-immobiliare. È una stronzata: c'è il 90% degli americani la' fuori che sono nulla-tenenti o quasi. Io non creo niente. Io posseggo. E noi facciamo le regole: le notizie, la guerra, la pace, le carestie, le sommosse... il prezzo di uno spillo. Tiriamo fuori un coniglio dal cilindro mentre là fuori di domandano come diavolo abbiamo fatto...
Non sarai tanto ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, vero Buddy?".

venerdì 9 marzo 2007

Perché Apple è a rischio di scalata ostile

Apple, oggi, capitalizza circa 70 miliardi di dollari. Gli analisti calcolano che, circa metà di questo valore deriva dalla divisione iPod, che oltre ai lettori mp3, è centro di realizzazione e vendita di accessori e servizi musicali. E la provenienza del fatturato è li a dimostrarlo.

L'azionariato
Al momento non vi è alcun singolo azionista che detenga una cospicua maggioranza relativa delle azioni. Infatti Apple è una public company, una società ad azionariato diffuso. I tre principali shareholder, al 30 giugno 2006, risultano essere FMR Corporation (7,29%), AXA (7,26%) e Barclyas Global Investors UK Holding (4,82%). È fantafinanza, certo. Ma non è impossibile che un raider, una società ricca di liquidità oppure capace a indebitarsi fortemente, possa realizzare un leveraged buy-out su Apple. Un LBO è un'operazione che consiste nel lancio di un'offerta mirata acquisire la maggioranza assoluta delle azioni sul mercato, dopo aver costituito una società ad hoc per la scalata ed averla fortemente indebitata per pagare le azioni.

Lanciare un'offerta d'acquisto sul 50,1% di Apple, oggi,costerebbe
35,7 miliardi di dollari. Considerando il premio da riconoscere agli azionisti affinchè si convincano a cedere le azioni in OPA si arriva ad un costo totale di 41 miliardi di dollari.
Chiamiamo "Raider Holding" l'ipotetica società costituita per lanciare la scalata ad Apple. Ipotizziamo ora che l'acquisizione avvenga totalmente facendo ricorso al debito. Terminata la scalata, il nostro raider si troverà con, in attivo, il 50,1% azioni Apple e 41 mld debiti. Tanti, vanno ridotti: vediamo come.

Come ridurre i debiti: primo passo, la liquiditàApple ha in cassa, circa 9 mld di dollari di liquidità. Potrebbero essere distribuiti come dividendo straordinario agli azionisti. Così la Raider Inc. ne incassaerebbe circa 4,5 miliardi e porterebbe il debito a 36,5 mld. Il resto andrebbe agli altri azionisti di minoranza, pro quota.


Come ridurre i debiti: secondo passo, la divisione iPod

Come ho anticipato prima, metà del valore delle azioni Apple è imputabile alla divisione iPod. Perchè non quotare la iPod division al Nasdaq per valorizzarla ulteriormente? È noto, infatti, che al momento di spin-off e di conferimento di un'autonomia societaria, il valore delle divisioni aumenta. Considerando anche l'immagine di cui gode il player più popolare del mondo, risparmiatori, fondi e analisti, sono convinto che la valorizzerebbero non meno di 40 mld di dollari. Ipotizzando ora di effettuare un collocamento al Nasdaq del 45% delle azioni della divisione, si porterebbero nelle casse di Cupertino 18 miliardi di dollari.

Dopo questa operazione, "Raider Inc." deterrebbe il 50,1% di Apple, che a sua volta controllerebbe il 55% della divisione iPod. Il tutto, con un indebitamento di 10,5 miliardi di dollari.

Il cash flow di Apple è imponente. E gli utili netti non sono da meno: sottratti i costi per gli investimenti, ammortamenti e Ricerca & Sviluppo, attualmente Apple viaggia con utili trimestrali di oltre 450 milioni di dollari, che significa 1,8 miliardi di dollari all'anno. Largamente sufficienti per coprire il servizio del debito in termini di quota capitale ed interessi.


Apple è gestita egregiamente dal punto di vista economico-finanziario. Le sue riserve di liquidità ne sono prova tangibile. È chiaro che un'operazione di questo tipo, qualora fosse attuata, comporterebbe, nel lungo periodo una politica aziendale improntata alla spremitura degli asset, privilegiando il pagamento degli interessi sul debito rispetto ad aspetti più importanti per il cliente, quali il design dei prodotti e l'innovazione. Non auspico di certo una scalata di questo tipo, né tantomeno l'estromissione dell'attuale consiglio d'amministrazione.

Ho semplicemente voluto dimostrare, conti alla mano, che Apple è davvero a rischio scalata. Con un'operazione che consentirebbe, sia di mantenere in vita l'attuale struttura aziendale, che di remunerare l'eventuale raider. L'aspetto notevole è che, nella mia ipotesi ho esemplificato il caso di un raider effettui un'operazione di natura puramente finanziaria e senza alcun tipo di sinergia industriale. E, soprattutto, senza l'investimento di un dollaro. Provate ora ad ipotizzare che l'OPA venga lanciata da un operatore del settore hi-tech che sia interessato anche a partnership tecnologiche con Cupertino e che sia anche portatore di liquidità.
Vi renderete conto di quanto Apple sia a rischio di scalata ostile.


Alessandro Palmisano

Il mio ultimo investimento

Tra i miei acquisti di stanotte nel cart, un classico della letteratura di Wall Street: "Barbarians at the Gate: the Fall of RJR Nabisco", che tratta in modo avvincente della scalata più onerosa della storia da parte di raiders finanziari, contrapposti ai manager che di tutto fanno pur di evitare l'OPA. Invano. Chi ha apprezzato film come "Wall Street" di Oliver Stone non può mancare di acquistarlo; tra l'altro ne hanno ricavato anche un film omonimo.

Gandalf.it lo recensice cosi':

"E’ affascinante come un romanzo di avventure ma racconta con lucida crudeltà una storia vera, la battaglia finanziaria nel 1988 per il controllo della RJR-Nabisco (la più grossa operazione nel periodo più intenso della “finanza selvaggia”). Un libro che dovrebbe essere fra i testi base in tutte le scuole di economia, e invece è seminascosto perché dice troppe fastidiose verità".


Da Repubblica on line, archivio:

"Fu un successo editoriale inaspettato per un libro di finanza: scritto con piglio giornalistico da due reporter del Wall Street Journal, Barbarians at the gate, ricostruisce l’attacco della Kohlberg Kravis Roberts alla Nabisco nella primavera del 1988. Un takeover ostile da 25 miliardi di dollari, che allora era la maggior fusione della storia: ebbe alla fine successo dopo una strenua resistenza da parte degli ‘attaccati’, e diventò un’epitome di un’era di grande spregiudicatezza e determinazione a Wall Street. La Nabisco, multinazionale degli alimentari e del tabacco, fu ‘sottratta’ alla Borsa e quindi rivenduta a pezzi per finanziare l’attacco, che era stato condotto in massima parte prendendo soldi a credito. Alcune piccole parti del gruppo sono tuttora in carico alla Kkr, che comunque ha realizzato un cospicuo utile dall’operazione."


A complemento di questo libro, ho scelto anche "The new financial capitalists: Kohlberg Kravis Roberts and the Creation of Corporate Value". Gli stessi autori del colpo finanziario di cui sopra, hanno scritto un libro che pare annunciare molti dei retroscena dell'operazione. E chi ha letto e recensito il libro, gli ha conferito un giudizio da 5 stelle.


Alessandro Palmisano

domenica 4 marzo 2007

Web 2.0: cosa è, cosa cambia

Web 2.0 è il termine coniato da Tim O'Reilly e Dale Dougherty per descrivere la fase attuale in cui si trova Internet. Il termine ha riscosso molto successo ed è stato ripreso da molti giornalisti e cultori dell'ICT. Alcuni di voi ne avranno sentito parlare, ma cosa è esattamente il web 2.0?

Un'analogia con il mondo reale
Prendiamo la macchina a vapore. Il primo prototipo fu inventato da Erone di Alessandria nel primo secolo dopo Cristo: quell'oggetto era un semplice strumento di diletto, veniva utilizzato come giocattolo. Bisognerà attendere il Settecento prima che la macchina a vapore sia concepita, in Gran Bretagna come strumento di lavoro per incrementare la produttività industriale in modo esponenziale. Come visto quindi, è stata la combinazione unica di fattori tecnologici, culturali ed economici che hanno portato poi alla Rivoluzione Industriale. Ebbene, l'evoluzione di Internet, ricalca pari pari, ma in modo ipervelocizzato, la storia della macchina a vapore.

Cosa cambia per le imprese?
Web 2.0, per le net-companies, significa un diverso modo di approcciare la Rete, rispetto agli eccessi del 2000, che, sebbene disti appena 6 anni da oggi, ormai fa già parte del passato. Esserci, in questo secondo capitolo della storia di Internet, per l'azienda, significa basare il modello di business più su un servizio intangibile, che sulla sola vendita di prodotti. Vuol dire incoraggiare i contributi degli utenti, rendendo il sito web il più interattivo possibile, mediante recensioni e commenti: e questo aspetto fu già anticipato, in tempi non sospetti, da Amazon, che già dal 1999 consentiva ai suoi clienti di lasciare on line delle mini recensioni sui prodotti.

La chiave per comprendere il Web 2.0 è quindi l'utente, sempre più "smaliziato", sempre più protagonista, che desidera assolutamente dire la sua. Ecco allora che lentamente l'attenzione di chi sul Web lavora, si sposta, e cerca di assecondare questa fama di protagonismo dell'utente. Ma come? La prima risposta potrebbe essere: miglioriamo i contenuti che già offriamo; e questo è di per sé un traguardo importante per chiunque possieda un sito.

Un'altra risposta a questa domanda, ce la offrono un paio di aziende della Silicon Valley, che tutti, bene o male, conoscono: Google e Apple.
Il primo era un motore di ricerca: diciamo "era" non perchè non lo sia più, ma piuttosto perchè è diventato qualcosa d'altro. Basta vedere le sue ultime acquisizioni, e i servizi che offre. GMail, Google Desktop, Picasa, e poi molti altri come l'acquisizione recente di un word processor online (Writely), o di SketchUp, un programma dedicato al disegno professionale. La seconda era una società che produce computer; anche qui "era" non perchè non ne fabbrichi più, ma piuttosto perchè ha creato una serie di prodotti vincenti. L'iPod, e l'iTunes Music Store, ma non solo. La possibilità di acquistare non solo brani musicali, ma anche telefilm, spettacoli televisivi, e chissà cos'altro in un futuro prossimo, stanno rapidamente modificando il DNA dell'azienda Apple. Quali sono gli elementi che accomunano queste società?
Il ventaglio di servizi offerti (destinati di certo a crescere e ad ampliarsi, forse addirittura a integrarsi), è tale che possiamo tranquillamente parlare non più di società, o applicazioni, o motore di ricerca, bensì di piattaforme. La novità più interessante del Web 2.0 sarà quindi la centralità non dei programmi, bensì dei servizi curati e offerti all'utente. Servizi che non avranno affatto bisogno di alcun porting, per essere goduti dagli utenti (come invece accade con i software), né di costose licenze da parte delle software house.

Cosa cambia per gli utenti?
Web 2.0 è anche sinonimo di intelligenza collettiva e network relazionale: la popolarità di un sito web o di un blog non è determinata solamente dal budget pubblicitario on line e off line stabilito da un'azienda. Se un sito web fornisce dei contenuti di qualità e/o di un certo interesse, suscita immediatamente la reazione positiva degli internauti. Si creerà così un effetto "passaparola" e il sito sarà linkato: ciò contribuirà a farne salire il PageRank su Google, creando un circolo virtuoso che ne accrescerà ancor di più le visite. Due casi eclatanti e sotto gli occhi di tutti sono il Blog di Beppe Grillo e la fenomenale idea della "Million dollar home page".

Quando si parla di Web 2.0, si incorre anche nel pericolo di semplificare molto la complessità di un passaggio che ovviamente non sarà immediato. Non si tratterà quindi di qualcosa che nel giro di un fine settimana sarà disponibile per tutti. Perchè per comprendere (e quindi sfruttare nel modo giusto tutte le potenzialità del Web 2.0), quello che accadrà, occorre adottare un nuovo modo di guardare alla Rete. Cerchiamo di fare un esempio pratico.

Collegarsi al Web significa in primo luogo avere un computer, un collegamento a banda larga (preferibilmente), e una serie di siti che offrono tutta una serie di servizi. Questi siti sono soprattutto specializzati in un certo campo ben preciso. Alcuni offrono informazioni, altri vendono merce, o conoscenza, ma ciascuno di essi appare indipendente e slegato dagli altri, spesso in conflitto o in concorrenza fra di essi. Aggiungiamo che questo comporta spesso una omologazione dei contenuti, un generale livellamento degli stessi, e una generale inadeguatezza dei siti nei confronti dell'utente, o meglio delle sue attese e aspettative. Che stanno rapidamente cambiando, per una serie di fattori che sono sotto gli occhi di tutti. In primis: l'abbassamento del prezzo dei computer (sempre più potenti e sempre più ricchi di funzioni), collegato all'espandersi dell'Adsl con il suo declino dei prezzi. Ecco due dei fattori che stanno conducendo alcune aziende che sulla Rete vivono e crescono, a immaginare il futuro prossimo del Web.



Web 1.0 VS Web 2.0
Ad ulteriore testimonianza di come il web sia cambiato, vediamo ora un carrellata delle net killer application odierne, confrontate con quelle di 5-6 anni fa.

Nel Web 1.0, ricerca su Internet era sinonimo di Altavista, all'epoca il più potente motore di ricerca. Oggi, Altavista è stato rimpiazzato da Google. Nel 2000, scaricare musica da Internet significava essere pirati, e utilizzare Napster, oggi Apple ha reso disponibile un modo legale ed economico per effettuare il download degli mp3: l'iTunes Music Store. Sei anni fa, avere una home page su geocities.com (fornitore di hosting gratuito, in cambio di banner) faceva tendenza, oggi è il blog ad essere trendy. All'apice della bolla internet, l'Enciclopedia on line per antonomasia era Encarta di Microsoft, un modello chiuso e aggiornato di tanto in tanto dal team di Redmond; nel web 2.0 l'enciclopedia della Rete è Wikipedia, aggiornata di continuo, in tempo reale dagli internauti stessi. La filosofia dell'open source applicata allo sciibile umano che, in un'ultima analisi, è il vero motore dell'evoluzione economica, sociale e tecnologica del mondo.


Alessandro Palmisano - Marco Freccero

martedì 27 febbraio 2007

L'interesse, questo sconosciuto

Un elemento centrale per la comprensione dell'economia aziendale e della finanza, ma anche per la nostra vita quotidiana, è l'interesse.

Possiamo vedere l'interesse come la contropartita, il corrispettivo che una persona o un'azienda corrisponde ad un altro soggetto per poter usufruire di una certa somma di denaro.

Quando eravamo alle elementari, ci hanno spiegato che l'interesse si calcolava in questo modo: rapportando la differenza tra la somma pagata e la somma ricevuta, alla somma ricevuta.

Un esempio chiarirà questo punto.
Riceviamo 1000 €, ne ripaghiamo 1100.
La differenza è 100 €.
L'interesse è il 10% ovvero 100 /1000.

Tutto bene?
Sì, fin quando eravamo alle scuole elementari e non nella vita vera. Nella vita reale c'è un'altra importantissima variabile che complica tutta la questione, il tempo.
Infatti, intuitivamente, non è la stessa cosa se, presi i valori dell'ultimo esempio, una persona restituisce i 1100 € dopo 1 mese ed un'altra dopo 2 anni.

Ma come è possibile, se l'interesse è comunque il 10%?

È qui che entra in gioco il fattore tempo, senza di questo non è possibile comprendere il concetto di tasso d'interesse e si cade vittime, facilmente, degli imbonitori e dei venditori di finanziamenti e strumenti finanziari inutili senza scrupoli.

Ricordando la massima che abbiamo enunciato ovvero: un euro oggi vale più di un euro domani, occorrerà complicare un po' le formule che ci hanno insegnato alle elementari per ottenere il dato vero, ovvero il tasso d'interesse, il corrispettivo cioé che paghiamo quando prendiamo dei soldi in prestito, indipendentemente da chi ce li fornisce.


Antonio Capaldo

sabato 24 febbraio 2007

Promozioni: la verità e il marketing

Riprendiamo, dopo una lunga pausa, la nostra serie di articoli per capire meglio l'economia.
Oggi proveremo a guardare dietro un'altra delle promozioni più utilizzate dalla grande distribuzione: la restituzione del denaro.

Molto famosa, a tal proposito, è stata la campagna di Mediaworld incentrata su un concetto chiave, se l'Italia avesse vinto i Mondiali, avrebbero rimborsato il prezzo pagato.
E' stata una catastrofe economica per loro?
No, vediamo perché sotto moltissimi aspetti.

1) Non si tratta di un "rimborso", ma di un buono spesa. La differenza è sostanziale. Un buono spesa è qualcosa che voi dovrete spendere, necessariamente, presso lo stesso punto vendita che ve lo ha rilasciato. Ora, questo semplicissimo accorgimento, riduce l'impatto economico della promozione al fornitore.
Il motivo è presto detto.
Immaginiamo di spendere 1000 € acquistando un televisore (ma come vedremo questo schema vale per tutti i prodotti), il fornitore avrà guadagnato, poniamo 200 € sulla nostra spesa. Al verificarsi di una certa condizione, noi veniamo rimborsati con un buono del valore di 1000 € che provvediamo a spendere immediatamente.
La merce che acquistiamo è stata acquistata dal nostro fornitore x 800 €; pertanto sottrattendo i 200 € già guadagnati sulla prima vendita, si ha che il "danno" potenziale è di soli 600 €.
Non pochi, ma certo già lontani dai 1000 € iniziali.

E veniamo al secondo aspetto:
2) E' dimostrato che un cliente che entra in un dato negozio non acquista solo il prodotto promozionato, ma una serie di prodotti che lo affiancano. Questi prodotti non sono soggetti a promozione, pertanto su questi il guadagno dell'azienda sarà certo e misurabile. In più la stessa cosa potrà avvenire quando si tratterà di spendere il buono, l'eventuale spesa eccedente, andrà a ristorare il fornitore della perdita di cui sopra.
In più la possibilità, anche solo potenziale, di poter avere un prodotto gratis, spinge la gente a consumare più di quanto avrebbero fatto senza questa possibilità, con ciò aumentando il ricavo potenziale del fornitore.

3) Costi promozionali. Una grande realtà della GDO deve investire in promozione una parte cospicua del proprio fatturato per fidelizzare i clienti. Parte di questi costi possono essere girati dalla voce pubblicità perché questo tipo di promozioni hanno un discreto effetto nel breve periodo, rendendo meno necessaria la pubblicità per portare i clienti a visitare nuovamente il punto vendita.

4) Assicurazione. Nessuna azienda, sana, rischia perdite cospicue senza aver stipulato un'adeguata assicurazione. Il rischio in questo caso è trasferito dall'azienda all'assicuratore che, evidentemente, ragiona con logiche diverse che qui sarebbe troppo lungo spiegare.

5) Multinazionali. Alcune promozioni possono essere replicate in più paesi, con ciò aumentando la platea dei potenziali concorrenti, senza per questa aumentare proporzionalmente il rischio. Nel caso in esame, ad esempio, l'aver esteso la promozione ad una serie di paesi europe partecipanti al mondiale, ha di fatto ridotto di molto il rischio visto che una sola nazione poteva fregiarsi del trofeo, mentre le altre sarebbero comunque uscite sconfitte.

6) Aspetti finanziari. Ci sono anche questi, in molti casi i rimborsi non vengono riscossi e questo evita una "perdita", in più i soldi incassati sono disponibili immediatamente generando un introito finanziario che, benché ridotto, contribuisce a ridurre ancora la famosa ed oramai smascherata "perdita".

Spero che questa piccola scheda vi abbia aiutato a "decifrare" una promozione ed a sentirvi un po' meno furbi. La conoscenza è l'arma più potente di cui disponiamo, è importante usarla.


Antonio Capaldo

Ninja Marketing

Marketing non convenzionale, street marketing, guerrilla marketing, viral marketing. Di tutto di più: dalle trovate di piccole e giovani aziende che tentano di lanciare nuovi brand, sino alle case histories di multinazionali, qualsiasi sia il loro settore di attività. Con un comune denominatore: l'originalità. Idee e spunti di marketing operativo e strategico per continuare a vendere anche nell'attuale contesto ipercompetitivo, dove l'eccesso di offerta è oramai strutturale.

La forma del sito, è a metà tra quella di un blog e un portale alla "vecchia maniera". I contenuti, tutti interessanti, molto aggiornati e con un pizzico di multimedialità à la YouTube che non guasta mai. Ma non è tutto. Ninja marketing completa la sua offerta con una newsletter bimestrale e una serie di corsi di formazione off line.

Un sito a 5 stelle per gli addetti al settore. :)

Link: www.ninjamarketing.it


Alessandro Palmisano

venerdì 23 febbraio 2007

P come perfezione

Ho riaperto "L'ultimo teorema di Fermat". C'è un aneddoto sui fiumi: il rapporto tra la distanza tra delta e foce e quello della lunghezza complessiva del fiume, è pari a, circa, 3,14, che guarda caso è un numero ben noto, un certo "pi greco"... :) Sorprendente quanto la Natura sia perfetta, ma l'uomo vada contro questo ordine.


Alessandro Palmisano

mercoledì 21 febbraio 2007

Frase del giorno

A uno switcher intelligente che mi chiede, si informa e lo informo si aggiorna e lo aggiorno, sul mondo Apple da due anni, ma poi cade su un comune scassone grigio e anomino.

"Ho troppa stima per la tua intelligenza per credere che tu sia così coglione da comprare un computer contro il tuo interesse".

Dite che l'autore da cui ho parafrasato, mi chiederà delle royalty in base al net worth del mio blog?

Mentre qualcuno starà pensando ai driver per la scheda grafica, nel frattempo bloggo, e scrivo un pezzo per ilMac.net, organizzando lo spazio del 12" al meglio con Exposé; iChat è aperto con i nottambuli di turno, Mail fa il suo lavoro in background e iTunes dona un tocco musicale a questa notte di quasi-inizio estate. Sfioro Dashboard e vedo il tempo per domani, che su Mac è già oggi. Per davvero.

martedì 20 febbraio 2007

Apple Inc.

Lo scorso 9 gennaio, durante il tradizionale Keynote del MacWorld Expo, Steve Jobs ha cancellato con un colpo di spugna la dicitura "Computer" all'interno della ragione sociale della società di Cupertino, che si chiama ora "Apple Inc.". Piccolo grande passo di comunicazione istituzionale per preparsi a varcare le soglie del mercato telefonia cellulare con l'iPhone. Ma c'è di più.

Se prendo i dati trimestrali di vendita rimestrali di vendita dei prodotti Apple scopro che:

- i ricavi sono stati 7,1 miliardi di dollari
- 4,06 sono i miliardi di dollari generati dalla vendita di iPod e di prodotti musicali

Il 57% delle entrate di Apple, nell'ultimo trimestre del 2006 non sono state generate da personal computer. Questa è la svolta.


Alessandro Palmisano

sabato 17 febbraio 2007

Connesso con pensieri sconnessi

La Rete non è testo, immagini e filmati e stop. È flusso di informazione continua. È un ambiente virtuale. Non sei mai solo. La Rete non è solo il web. È la mail, sono gli instant messenger, è il VOIP di Skype, è giocare a World of Warcraft, sono le community. Sono le amicizie nate su Atlantide e gli amori sboccati su Yahoo! Relations. In una parola: è un ambiente.

Lontano il tempo in cui era concepita semplicemente come luogo sterile dal quale tirar fuori informazioni, considerata alla stregua di un qualsiasi banale libro di testo, con il valore aggiunto degli iper-link. No, è un ambiente dove si possono avere esperienze. Avviene la comunicazione one-to-many, one-to-many, ma anche many-to-many. In tempo reale, così come in differita. I bit che transitano possono cambiare la realtà. Un battito d’ali di farfalla a Tokyo può scatenare un uragano in Florida un mese più tardi, così come una linea invisibile univa la creazione alla generazione e il presente a un passato tanto prossimo quanto dimenticato.

Il bit transita, la mail arriva: hai l'informazione giusta e allora sopravvivi. Non hai l'informazione giusta e potresti morire. Il bit transita, e la cifra di una speculazione maestosa sui derivati di Chicago ti può rendere ricco. Il bit diventa potenza d'acquisto che a sua volta può essere convertita in beni reali. 100 euro addebitati sul C/C di una banca on line transitano ancora e quei due libri introvabili passano da Amazon.com a casa tua. Tu converti il bit in bene reale, Amazon incassa, la FedEx e la VISA guadagnano una commissione. E i titoli di tutte e tre le società fluttuano in Borsa, in base al numero di persone, che in un certo lasso di tempo hanno fatto la tua stessa cosa. La somma delle transazioni, genera per loro il ricavo, da cui deriva il profitto, che si scontra con le aspettative degli investitori, che a loro volta fanno delle transazioni azionarie...

mercoledì 31 gennaio 2007

P2P:dalla Cassazione, storica sentenza

Non è reato scaricare da Internet musica, film o programmi tutelati dal diritto d’autore. Purché non venga fatto «per scopo di lucro». A fare la gioia degli «scaricatori seriali» è la Terza sezione penale della Corte di Cassazione che, con la sentenza numero 149 del 9 gennaio scorso, ha annullato la condanna a 3 mesi e 10 giorni di reclusione inflitta dalla Corte d’Appello di Torino a E.R. e C.F. per violazione della legge sul copyright. I fatti risalgono al ’99, quando i due, all’epoca studenti, avevano creato sul pc di un’associazione del Politecnico di Torino una rete «peer to peer» (da pari a pari) per scambiare file con altre persone collegate a Internet. Secondo i giudici piemontesi i ragazzi avevano violato gli articoli 171 bis e 171 ter della legge sul diritto d’autore che punisce chi, «a scopo di lucro», diffonde o duplica contenuti multimediali protetti dal copyright.

martedì 9 gennaio 2007

Il debito è servito

Telecom Italia. Il monopolista a volte definito ex monopolista, ma che forse proprio ex non lo è mai stato affatto. Non mi interessa ciò in questa sede. Solo che non è possibile, che ogni blog a sfondo economico-politico-sociale ripeta, da due anni, di continuo che Telecom Italia è una scatola piena di debiti; che è la nuova Parmalat; che migliaia di azionisti resteranno con il cerino in mano. Il debito c'è ed è innegabile. C'è il debito nella controllata Telecom Italia e c'è debito nella controllante Olimpia a cui fa capo Tronchetti Provera. Il debito di Telecom deriva, in parte da investimenti sostenuti durante gli anni, ma in larga parte deriva dai debiti contratti dalla gestione Colaninno; debiti finalizzati ad acquistare Telecom stessa.

Ma facciamo un passo indietro. Colaninno, nel 1999, acquistò la società dei telefoni facendo in gran parte leva su linee di credito concesse da un consorzio di banche. Il debito contratto era in capo a Olivetti mediante la controllata Tecnost, che venne poi fusa con la società di Ivrea. Pertanto la situazione debitoria di Telecom, all'epoca non fu variata di una virgola. Nel 2003, due anni dopo il passaggio di mano a Tronchetti, si procedette a fondere Olivetti con Telecom facendo innalzare il debito sopra i 40 miliardi di euro.

Nel frattempo furono però ceduti asset non strategici e il debito calò. L'anno scorso, tuttavia, il board di Telecom, convinto di essere prossimo al boom della fonia 3G, decise di lanciare un'OPA per delistare la controllata TIM da Piazza Affari: in parole povere, Tronchetti ha fatto acquistare tutte le azioni TIM a Telecom Italia che ora ingloba la società dei cellulari e beneficia del 100% dei lauti dividendi che essa genera. L'acquisto del 40% di TIM presente sul mercato ebbe ovviamente il suo costo e questo ha riportato la posizione debitoria di Telecom Italia di nuovo intorno a quota 40 miliardi di euro. Oltre a questi debiti, ci sono anche quelli di Olimpia, società veicolo con la quale Tronchetti ha rilevato (facendo altri debiti) il pacco di azioni Olivetti (poi divenute Telecom) da Colaninno e soci. Ma questa è un'operazione che non tocca la controllata, invece e i giornali fanno un mixture dei debiti di entrambe le società per creare sensazionalismo, per creare l'attesa del nuovo crack annunciato.

Ciò che a me interessa è capire come stia Telecom da punto di vista finanziario e smentire questo tran tran di voci che non fanno altro che creare distorsioni. Personalmente sono stufo della tanta disinformazione che continua ad essere fatta. Non sono un dipendente Telecom, non sono un'azionista Telecom (sebbene lo sia stato); sono un semplice cliente ADSL. Per capire il livello della disinformazione che circola tra giornali, quotidiani e blog, sono sufficienti pochi, semplici dati.

Ricavi annui di Telecom Italia nel 2005: circa 30 miliardi di euro.

Situazione debitoria: - 41,3 mld di euro

Struttura del debito: scadenze per la maggior parte a lungo termine; il 70% del debito è a tasso fisso.

Utile operativo 2005: 7,5 miliardi di euro

Dividendi annui distribuiti nel 2005: 3 miliardi di euro


È messa davvero così male?

Non credo. In caso di crisi, in caso di banche che esigono un rientro parziale dei debiti più a medio termine, sarebbe sufficiente ridurre i dividendi distribuiti alla metà. Oltre a garantire il servizio degli interessi passsivi, 1,5 mld di euro all'anno potrebbero abbattare la quota capitale di debito in modo da accelerare il rientro. In tal caso a subirne le conseguenze sarebbe la scatola Olimpia, che è indebitata e che, in quanto azionista, beneficia anch'essa dei dividendi distribuiti. Ma questo è un fatto suo. Di Tronchetti e delle sue banche socie. Questa soluzione da me discussa, è solo una delle tantissime per fronteggiare qualunque tipo di imprevisto che riguardi la situazione debitoria dell'ex monopolista. Un'altra potrebbe essere la vendita parziale o in blocco di TIM a un concorrente. Oppure una sua nuova IPO a Piazza Affari, che porterebbe, da sola, 15-20 miliardi. Insomma, di soluzioni ce ne sarebbero davvero tante. Ciò dimostra che la situazione debitoria è ampiamente gestibile.


Alessandro Palmisano