lunedì 26 marzo 2007

L'arte della guerra

L’Arte della guerra" di Sun Tzu è il maggiore classico di teoria militare dell’antica Cina, ed anche l’opera cinese più diffusa nel mondo. Il pensiero strategico e la filosofia in esso contenuti sono tuttoggi ampiamente utilizzati in ambito militare, politico ed economico.

L'opera risale risale a 2500 anni fa, costituendo l’opera militare più antica del mondo, la quale precede di 2300 anni l’opera di Clausewitz “Sulla guerra”. Alcuni estratti:

"Se la vostra forza è dieci volte quella dei vostri nemici, circondateli; se è cinque volte, attaccateli; se i vostri uomini sono il doppio, divideteli.

Se avete forze uguali a quelle del nemico, potete impegnarlo in
combattimento.

Se siete inferiori cercate di aggirarlo.

Se le sue forze sono soverchianti dovreste evitare lo scontro.

Se un esercito poco numeroso agirà in maniera inflessibile sarà condannato a diventare prigioniero dei suoi avversari. "


In ogni caso, Sun Tzu ci ricorda che:

"Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento,
ma sconfiggere il nemico senza combattere"


Alessandro Palmisano

domenica 25 marzo 2007

Tasso fisso e variabile

Periodicamente si accende la discussione tra i sostenitori del tasso fisso e quelli del tasso variabile, quando si tratta di fare una scelta circa la modalità corretta di finanziarsi.

I fautori del tasso variabile, puntano molto sull'importo delle rate che, ovviamente, hanno un valore teorico più basso di quelle proposte dal tasso fisso.
I fautori del tasso fisso segnalano la "sicurezza" che questo tipo di scelta offre consentendo di pianificare meglio le proprie spese senza inattese sorprese a causa dell'innalzamento dei tassi.

In queste settimane stiamo assistendo a decine di articoli sull'aumento delle rate dei mutui, come se questo fosse un evento imprevedibile.
Purtroppo, guardando la curva dei tassi di interesse a medio termine, si sapeva che, nel corso del 2005-2006 il costo del denaro sarebbe salito e, con esso, tutto ciò che vi era legato, mutui inclusi.

Certo molti si attendevano aumenti più "limitati" un percorso di risalita più "dolce" anziché quello repentino scelto dalla BCE, tuttavia il dato era atteso.
Chi ha beneficiato di prime rate più "leggere" grazie a tassi di interesse più vantaggiosi, oggi si trova a pagare di più e, se non aveva ben considerato questa eventualità, può trovarsi in difficoltà.

Cosa fare?

In una fase di rialzo dei tassi di interesse, come quella attuale, è difficile dare dei consigli. Perché, ad esempio, un mutuo a tasso fisso, sottoscritto oggi avrebbe un tasso ancora più alto di quello che già oggi viene pagato con un indebitamento variabile.

Meglio lasciare tutto come si trova?

Ci sono molte possibilità e dipendono, tra le altre cose, anche dalla vostra disponibilità al risparmio e dalla durata residua del mutuo.


Antonio Capaldo

venerdì 16 marzo 2007

Cisco Expo 2007

Giovedi 8 marzo, presso il Quark Hotel di Milano, si è tenuta la seconda edizione del Cisco Expo, manifestazione che oltre a fungere da vetrina per la società di telecomunicazioni, ha consentito un confronto mediante due tavole rotonde e una serie di workshop a seguire.


Innovare per competere nel mercato globale

La prima tavolta rotonda è intitolata "Innovare per competere nel mercato globale" ed è moderata dal direttore del TG1 Gianni Riotta. Dopo il saluto di rito per l'inizio dei lavori da parte del sindaco Moratti, Riotta introduce il discorso globalizzazione facendo notare che il 90% del mercato della telefonia è generato da telefonate locali, all'interno di uno stesso Paese e che, nonostante sia almeno un decennio che si parla di globalizzazione, essa è un fenomeno ancora in test. Ricorda poi come Bill Gates abbia dichiarato che è bene consentire alla manodopera specializzata di circolare facilmente e liberamente a livello, così come avviene per i capitali e cita il recente caso dell'assunzione di informatici indiani in Germania.

Il patron del TG1 sottolinea, inoltre, come l'innovazione sia in funzione della cultura: sono due aspetti imprenscindibili. A volte, quando gli occidentali hanno dovuto negoziare affari con i cinesi non hanno avuto vita facile: 5000 anni di scuola confuciana sono superiori a 50 anni di business school statunitense.


La parola passa poi al primo ospite, Arturo Artom, presidente di NetSystem. Artom sta investendo nella Silicon Valley in un progetto legato al web 2.0 che si ispira ad YouTube. E richiama l'aspetto culturale: in una recente convention tenuta a San Francisco, capeggiava un ritratto rinascimentale di Leon Battista Alberti e - ciò che lo ha colpito - lo slogan in italiano "L'uomo può ciò che vuole". L'Italia, checché se ne dica, gode ancora di una buona reputazione in termini di tradizione culturale; Artom invita a sfruttare al meglio ciò che l'Italia offre: design, fashion e moda devono essere utilizzati come cavallo di Troia per competere nel mercato globale. Infine sottolinea la differenza tra l'ammontare di denaro destinato al venture capital in Italia e negli USA: negli Stati Uniti la cifra è 3000 volte superiore rispetto a quella del Bel Paese.

È poi la volta di Guido Barilla, che ha preso le redini di Barilla Holding nel 2003. Il presidente della storica azienda italiana afferma come oggi vi è sia la necessità che la possibilità di confrontarsi con le persone, che hanno sostituito i consumatori. Per interi decenni l'industria non ha capito i reali bisogni della gente ed imponeva un certo tipo di consumo; oggi i clienti finali hanno molto più potere in mano e le aziende devono progettarsi e riprogettarsi in loro funzione; ciò reso possibile anche grazie, in maniera particolare, alla Rete.

Segue l'intervento di Nani Beccalli-Falco, presidente e CEO di GE International dal 2005. Egli sottolinea come l'Italia faccia parte di un contesto europeo all'interno del quale la concorrenza nazionale è legata in modo imprendiscindibile a cià che avviene nel continente. La ricetta per competere, in Europa e nel mondo, è quella della "doppia T": Tecnologia e Talento; il tutto, coniugato con la capacità manageriale. Le nazioni più temibili da punto di vista concorrenziale sono l'India e la Cina, dove vi sono etiche di lavoro impensabili in Occidente che rendono il costo del lavoro particolarmente contenuto; tuttavia, ciò che manca a queste nazioni, sono le capacità manageriali per gestire le aziende.

Per Massimo Castelli di Telecom Italia (divisione fixed wireline), la spinta all'innovazione è una pratica utilizzata dai "manager illuminati". Colui che si deve occupare dell'innovazione non è tanto il direttore Rircerca & Sviluppo, quanto piuttosto il direttore finanziario. È al CFO che spetta infatti l'onere di dover calcolare il rischio che gli investimenti in ricerca implicano. Ma invita anche a guardare l'innovazione non come costo, ma come una riduzione di costi; come un'opzione che, nel lungo periodo, riduce il rischio.

Alessandro Mondini, AD di Nokia Italia, introduce il suo intervento partendo dai risultati di un recente uno studio sul comportamento umano: il motore dell'innovazione della Rete sono, in modo particolare, i giovani e le donne. Sull'evoluzione del web 2.0, influiscono molto più i comportamenti delle teen ager che quelli dei dirigenti. Secondo Mondini, alla gran parte delle aziende manca un certo modo di pensare: la cultura dell'errore. Al contrario, in Nokia è penalizzante non commettere errori durante il percorso di carriera aziendale. All'interno della società vengono premiati quei dipendenti che hanno avuto a che fare con un range di esperienze il più variegato possibile.

È poi la volta di Andrea Pontremoli, presidente di IBM Italia. Che inizia la sua testimonianza raccontando l'aneddoto di quando, l'allora proprietario di IBM scommise il futuro dell'azienda sull'innovazione del transitor decidendo, in modo all'epoca avventato, di abbandonare la tecnologia valvolare. Tornando al presente, ricorda come 2 anni la società è uscita dal business dei personal computer cedendo l'omonima divisione a Lenovo; nelle scorse settimane si è deciso anche di uscire dal mercato delle stampanti. Il core business attuale è quello della consulenza, ma i laboratori di Big Blue lavorano a un progetto ambizioso, che ha a che fare con la semantica, disciplina nella quale gli italiani sono tra i massimi esperti a livello mondiale. Il futuro dell'informatica si giocherà infatti proprio sulla semantica: ad oggi, infatti, il 40% delle ricerche effettuate su Google non porta ai risultati attesi.


Alessandro Palmisano

Attualizzazione; un termine difficile ed importante

Raramente si sente utilizzare questo termine: ATTUALIZZAZIONE, tuttavia ogni volta che valutiamo un investimento, dovremmo utilizzare questo processo per poterlo paragonare alle alternative ed anche per poterlo valutare "asetticamente".

Cosa si intende per attualizzazione?

Si intende riportare ad una certa data tutti le entrate e le uscite di un dato investimento, così da eliminare il diverso valore che, nel tempo assume il denaro.
Ricordate il principio, un EURO oggi vale più di un EURO DOMANI?
Bene l'attualizzazione risolve questo problema, rendendo tutti i valori ATTUALI, cioè alla data odierna (o eventualmente, ad un'altra data a nostro piacere).

Un esempio contribuisce a chiarire l'importanza dell'attualizzazione.
Prendiamo due investimenti.
In un caso investo 1000 € e ne ricevo 1100 dopo un anno
In un secondo caso investo 1000 € e ne ricevo 1100 dopo 2 anni.

Ipotizziamo che il tasso di inflazione sia il3% e chiamiamo questo tasso il tasso di attualizzazione.
In formula sarà:
VA= C /(1+i)^n

Dove VA = Valore attuale, cioè valore ad oggi di un dato capitale futuro
C = Somma futura nel nostro esempio 1100
i = tasso di attualizzazione, nel nostro esempio il 3%.
n= numero di anni da attualizzare (nel primo esempio 1 nel secondo 2)

Applicando questa formula abbiamo, nel primo caso:
VA = 1100 / (1,03)
Nel secondo
VA = 1100 /(1,03)^2 (^2 sta per 1,03 alla seconda o al quadrato)

Il risultato di queste due operazioni è:
1067 nel primo caso
1037 nel secondo caso.

Grazie all'attualizzazione abbiamo visto che la prima operazione è più conveniente della seconda, ma entrambe danno un risultato positivo ovvero il valore attuale di entrambi gli investimenti è positivo.

Chiaramente questo esempio è volutamente semplice. Nella realtà, a complicare i calcoli, intervengono vari fattori:
1) I tassi di attualizzazione spesso non sono facilmente conoscibili. Un errore nella scelta del tasso di attualizzazione può comportare un errore di valutazione di un progetto.
2) L'andamento dei tassi non è, generalmente, costante nel tempo, occorre quindi utilizzare vari tassi per periodi diversi. Questo complicherà un po' la formula, ma ci torneremo più avanti.
3) Il Valore attuale, ottenuto da questo processo, è comunque frutto di una stima e non va mai considerato LA VERITA' ASSOLUTA.

Per oggi basta così, altrimenti ci scoraggiamo.


Antonio Capaldo

giovedì 15 marzo 2007

Wall Street (Oliver Stone) - altre citazioni

"Allora dimmi Gordon, per te quand'è che finirà? Quanti yatch potrai tirarti dietro?"

- "Non è questione di bastare ragazzo. Il denaro c'è ma non si vede. Qualcuno vince, qualcuno perde. Il denaro di per sè non si fa né si perde. Semplicemente si trasferisce da un'intuizione ad un'altra, magicamente. Quel quadro li', lo comprai dieci anni fa per 60 mila dollari. Oggi potrei rivenderlo a 600 mila. L'illusione è diventata realtà. E più reale lei diventa, più accanitamente la desiderano".

- "Quand'è che basta, Gordon?"

-"Il più ricco 1% del paese possiede metà della ricchezza del Paese: 5 trilioni di dollari. Un terzo di questi viene dal duro lavoro, due terzi vengono dai beni ereditati e da interessi sugli interessi accumulati da vedove e figli idioti... e dal mio lavoro: la speculazione mobiliare-immobiliare. È una stronzata: c'è il 90% degli americani la' fuori che sono nulla-tenenti o quasi. Io non creo niente. Io posseggo. E noi facciamo le regole: le notizie, la guerra, la pace, le carestie, le sommosse... il prezzo di uno spillo. Tiriamo fuori un coniglio dal cilindro mentre là fuori di domandano come diavolo abbiamo fatto...
Non sarai tanto ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, vero Buddy?".

venerdì 9 marzo 2007

Perché Apple è a rischio di scalata ostile

Apple, oggi, capitalizza circa 70 miliardi di dollari. Gli analisti calcolano che, circa metà di questo valore deriva dalla divisione iPod, che oltre ai lettori mp3, è centro di realizzazione e vendita di accessori e servizi musicali. E la provenienza del fatturato è li a dimostrarlo.

L'azionariato
Al momento non vi è alcun singolo azionista che detenga una cospicua maggioranza relativa delle azioni. Infatti Apple è una public company, una società ad azionariato diffuso. I tre principali shareholder, al 30 giugno 2006, risultano essere FMR Corporation (7,29%), AXA (7,26%) e Barclyas Global Investors UK Holding (4,82%). È fantafinanza, certo. Ma non è impossibile che un raider, una società ricca di liquidità oppure capace a indebitarsi fortemente, possa realizzare un leveraged buy-out su Apple. Un LBO è un'operazione che consiste nel lancio di un'offerta mirata acquisire la maggioranza assoluta delle azioni sul mercato, dopo aver costituito una società ad hoc per la scalata ed averla fortemente indebitata per pagare le azioni.

Lanciare un'offerta d'acquisto sul 50,1% di Apple, oggi,costerebbe
35,7 miliardi di dollari. Considerando il premio da riconoscere agli azionisti affinchè si convincano a cedere le azioni in OPA si arriva ad un costo totale di 41 miliardi di dollari.
Chiamiamo "Raider Holding" l'ipotetica società costituita per lanciare la scalata ad Apple. Ipotizziamo ora che l'acquisizione avvenga totalmente facendo ricorso al debito. Terminata la scalata, il nostro raider si troverà con, in attivo, il 50,1% azioni Apple e 41 mld debiti. Tanti, vanno ridotti: vediamo come.

Come ridurre i debiti: primo passo, la liquiditàApple ha in cassa, circa 9 mld di dollari di liquidità. Potrebbero essere distribuiti come dividendo straordinario agli azionisti. Così la Raider Inc. ne incassaerebbe circa 4,5 miliardi e porterebbe il debito a 36,5 mld. Il resto andrebbe agli altri azionisti di minoranza, pro quota.


Come ridurre i debiti: secondo passo, la divisione iPod

Come ho anticipato prima, metà del valore delle azioni Apple è imputabile alla divisione iPod. Perchè non quotare la iPod division al Nasdaq per valorizzarla ulteriormente? È noto, infatti, che al momento di spin-off e di conferimento di un'autonomia societaria, il valore delle divisioni aumenta. Considerando anche l'immagine di cui gode il player più popolare del mondo, risparmiatori, fondi e analisti, sono convinto che la valorizzerebbero non meno di 40 mld di dollari. Ipotizzando ora di effettuare un collocamento al Nasdaq del 45% delle azioni della divisione, si porterebbero nelle casse di Cupertino 18 miliardi di dollari.

Dopo questa operazione, "Raider Inc." deterrebbe il 50,1% di Apple, che a sua volta controllerebbe il 55% della divisione iPod. Il tutto, con un indebitamento di 10,5 miliardi di dollari.

Il cash flow di Apple è imponente. E gli utili netti non sono da meno: sottratti i costi per gli investimenti, ammortamenti e Ricerca & Sviluppo, attualmente Apple viaggia con utili trimestrali di oltre 450 milioni di dollari, che significa 1,8 miliardi di dollari all'anno. Largamente sufficienti per coprire il servizio del debito in termini di quota capitale ed interessi.


Apple è gestita egregiamente dal punto di vista economico-finanziario. Le sue riserve di liquidità ne sono prova tangibile. È chiaro che un'operazione di questo tipo, qualora fosse attuata, comporterebbe, nel lungo periodo una politica aziendale improntata alla spremitura degli asset, privilegiando il pagamento degli interessi sul debito rispetto ad aspetti più importanti per il cliente, quali il design dei prodotti e l'innovazione. Non auspico di certo una scalata di questo tipo, né tantomeno l'estromissione dell'attuale consiglio d'amministrazione.

Ho semplicemente voluto dimostrare, conti alla mano, che Apple è davvero a rischio scalata. Con un'operazione che consentirebbe, sia di mantenere in vita l'attuale struttura aziendale, che di remunerare l'eventuale raider. L'aspetto notevole è che, nella mia ipotesi ho esemplificato il caso di un raider effettui un'operazione di natura puramente finanziaria e senza alcun tipo di sinergia industriale. E, soprattutto, senza l'investimento di un dollaro. Provate ora ad ipotizzare che l'OPA venga lanciata da un operatore del settore hi-tech che sia interessato anche a partnership tecnologiche con Cupertino e che sia anche portatore di liquidità.
Vi renderete conto di quanto Apple sia a rischio di scalata ostile.


Alessandro Palmisano

Il mio ultimo investimento

Tra i miei acquisti di stanotte nel cart, un classico della letteratura di Wall Street: "Barbarians at the Gate: the Fall of RJR Nabisco", che tratta in modo avvincente della scalata più onerosa della storia da parte di raiders finanziari, contrapposti ai manager che di tutto fanno pur di evitare l'OPA. Invano. Chi ha apprezzato film come "Wall Street" di Oliver Stone non può mancare di acquistarlo; tra l'altro ne hanno ricavato anche un film omonimo.

Gandalf.it lo recensice cosi':

"E’ affascinante come un romanzo di avventure ma racconta con lucida crudeltà una storia vera, la battaglia finanziaria nel 1988 per il controllo della RJR-Nabisco (la più grossa operazione nel periodo più intenso della “finanza selvaggia”). Un libro che dovrebbe essere fra i testi base in tutte le scuole di economia, e invece è seminascosto perché dice troppe fastidiose verità".


Da Repubblica on line, archivio:

"Fu un successo editoriale inaspettato per un libro di finanza: scritto con piglio giornalistico da due reporter del Wall Street Journal, Barbarians at the gate, ricostruisce l’attacco della Kohlberg Kravis Roberts alla Nabisco nella primavera del 1988. Un takeover ostile da 25 miliardi di dollari, che allora era la maggior fusione della storia: ebbe alla fine successo dopo una strenua resistenza da parte degli ‘attaccati’, e diventò un’epitome di un’era di grande spregiudicatezza e determinazione a Wall Street. La Nabisco, multinazionale degli alimentari e del tabacco, fu ‘sottratta’ alla Borsa e quindi rivenduta a pezzi per finanziare l’attacco, che era stato condotto in massima parte prendendo soldi a credito. Alcune piccole parti del gruppo sono tuttora in carico alla Kkr, che comunque ha realizzato un cospicuo utile dall’operazione."


A complemento di questo libro, ho scelto anche "The new financial capitalists: Kohlberg Kravis Roberts and the Creation of Corporate Value". Gli stessi autori del colpo finanziario di cui sopra, hanno scritto un libro che pare annunciare molti dei retroscena dell'operazione. E chi ha letto e recensito il libro, gli ha conferito un giudizio da 5 stelle.


Alessandro Palmisano

domenica 4 marzo 2007

Web 2.0: cosa è, cosa cambia

Web 2.0 è il termine coniato da Tim O'Reilly e Dale Dougherty per descrivere la fase attuale in cui si trova Internet. Il termine ha riscosso molto successo ed è stato ripreso da molti giornalisti e cultori dell'ICT. Alcuni di voi ne avranno sentito parlare, ma cosa è esattamente il web 2.0?

Un'analogia con il mondo reale
Prendiamo la macchina a vapore. Il primo prototipo fu inventato da Erone di Alessandria nel primo secolo dopo Cristo: quell'oggetto era un semplice strumento di diletto, veniva utilizzato come giocattolo. Bisognerà attendere il Settecento prima che la macchina a vapore sia concepita, in Gran Bretagna come strumento di lavoro per incrementare la produttività industriale in modo esponenziale. Come visto quindi, è stata la combinazione unica di fattori tecnologici, culturali ed economici che hanno portato poi alla Rivoluzione Industriale. Ebbene, l'evoluzione di Internet, ricalca pari pari, ma in modo ipervelocizzato, la storia della macchina a vapore.

Cosa cambia per le imprese?
Web 2.0, per le net-companies, significa un diverso modo di approcciare la Rete, rispetto agli eccessi del 2000, che, sebbene disti appena 6 anni da oggi, ormai fa già parte del passato. Esserci, in questo secondo capitolo della storia di Internet, per l'azienda, significa basare il modello di business più su un servizio intangibile, che sulla sola vendita di prodotti. Vuol dire incoraggiare i contributi degli utenti, rendendo il sito web il più interattivo possibile, mediante recensioni e commenti: e questo aspetto fu già anticipato, in tempi non sospetti, da Amazon, che già dal 1999 consentiva ai suoi clienti di lasciare on line delle mini recensioni sui prodotti.

La chiave per comprendere il Web 2.0 è quindi l'utente, sempre più "smaliziato", sempre più protagonista, che desidera assolutamente dire la sua. Ecco allora che lentamente l'attenzione di chi sul Web lavora, si sposta, e cerca di assecondare questa fama di protagonismo dell'utente. Ma come? La prima risposta potrebbe essere: miglioriamo i contenuti che già offriamo; e questo è di per sé un traguardo importante per chiunque possieda un sito.

Un'altra risposta a questa domanda, ce la offrono un paio di aziende della Silicon Valley, che tutti, bene o male, conoscono: Google e Apple.
Il primo era un motore di ricerca: diciamo "era" non perchè non lo sia più, ma piuttosto perchè è diventato qualcosa d'altro. Basta vedere le sue ultime acquisizioni, e i servizi che offre. GMail, Google Desktop, Picasa, e poi molti altri come l'acquisizione recente di un word processor online (Writely), o di SketchUp, un programma dedicato al disegno professionale. La seconda era una società che produce computer; anche qui "era" non perchè non ne fabbrichi più, ma piuttosto perchè ha creato una serie di prodotti vincenti. L'iPod, e l'iTunes Music Store, ma non solo. La possibilità di acquistare non solo brani musicali, ma anche telefilm, spettacoli televisivi, e chissà cos'altro in un futuro prossimo, stanno rapidamente modificando il DNA dell'azienda Apple. Quali sono gli elementi che accomunano queste società?
Il ventaglio di servizi offerti (destinati di certo a crescere e ad ampliarsi, forse addirittura a integrarsi), è tale che possiamo tranquillamente parlare non più di società, o applicazioni, o motore di ricerca, bensì di piattaforme. La novità più interessante del Web 2.0 sarà quindi la centralità non dei programmi, bensì dei servizi curati e offerti all'utente. Servizi che non avranno affatto bisogno di alcun porting, per essere goduti dagli utenti (come invece accade con i software), né di costose licenze da parte delle software house.

Cosa cambia per gli utenti?
Web 2.0 è anche sinonimo di intelligenza collettiva e network relazionale: la popolarità di un sito web o di un blog non è determinata solamente dal budget pubblicitario on line e off line stabilito da un'azienda. Se un sito web fornisce dei contenuti di qualità e/o di un certo interesse, suscita immediatamente la reazione positiva degli internauti. Si creerà così un effetto "passaparola" e il sito sarà linkato: ciò contribuirà a farne salire il PageRank su Google, creando un circolo virtuoso che ne accrescerà ancor di più le visite. Due casi eclatanti e sotto gli occhi di tutti sono il Blog di Beppe Grillo e la fenomenale idea della "Million dollar home page".

Quando si parla di Web 2.0, si incorre anche nel pericolo di semplificare molto la complessità di un passaggio che ovviamente non sarà immediato. Non si tratterà quindi di qualcosa che nel giro di un fine settimana sarà disponibile per tutti. Perchè per comprendere (e quindi sfruttare nel modo giusto tutte le potenzialità del Web 2.0), quello che accadrà, occorre adottare un nuovo modo di guardare alla Rete. Cerchiamo di fare un esempio pratico.

Collegarsi al Web significa in primo luogo avere un computer, un collegamento a banda larga (preferibilmente), e una serie di siti che offrono tutta una serie di servizi. Questi siti sono soprattutto specializzati in un certo campo ben preciso. Alcuni offrono informazioni, altri vendono merce, o conoscenza, ma ciascuno di essi appare indipendente e slegato dagli altri, spesso in conflitto o in concorrenza fra di essi. Aggiungiamo che questo comporta spesso una omologazione dei contenuti, un generale livellamento degli stessi, e una generale inadeguatezza dei siti nei confronti dell'utente, o meglio delle sue attese e aspettative. Che stanno rapidamente cambiando, per una serie di fattori che sono sotto gli occhi di tutti. In primis: l'abbassamento del prezzo dei computer (sempre più potenti e sempre più ricchi di funzioni), collegato all'espandersi dell'Adsl con il suo declino dei prezzi. Ecco due dei fattori che stanno conducendo alcune aziende che sulla Rete vivono e crescono, a immaginare il futuro prossimo del Web.



Web 1.0 VS Web 2.0
Ad ulteriore testimonianza di come il web sia cambiato, vediamo ora un carrellata delle net killer application odierne, confrontate con quelle di 5-6 anni fa.

Nel Web 1.0, ricerca su Internet era sinonimo di Altavista, all'epoca il più potente motore di ricerca. Oggi, Altavista è stato rimpiazzato da Google. Nel 2000, scaricare musica da Internet significava essere pirati, e utilizzare Napster, oggi Apple ha reso disponibile un modo legale ed economico per effettuare il download degli mp3: l'iTunes Music Store. Sei anni fa, avere una home page su geocities.com (fornitore di hosting gratuito, in cambio di banner) faceva tendenza, oggi è il blog ad essere trendy. All'apice della bolla internet, l'Enciclopedia on line per antonomasia era Encarta di Microsoft, un modello chiuso e aggiornato di tanto in tanto dal team di Redmond; nel web 2.0 l'enciclopedia della Rete è Wikipedia, aggiornata di continuo, in tempo reale dagli internauti stessi. La filosofia dell'open source applicata allo sciibile umano che, in un'ultima analisi, è il vero motore dell'evoluzione economica, sociale e tecnologica del mondo.


Alessandro Palmisano - Marco Freccero